domenica 22 aprile 2012

Recensione : Diaz - Don't clean up this blood -




Se vai a vedere Diaz prima di spaventi, poi ti disgusti, ti arrabbi ed infine ti senti tradito.

Premetto una cosa per chi legge, sto parlando di un prodotto cinematografico, e non di un episodio storico politico, e quindi è con gli strumenti del cinema che mi accingo a discutere ed analizzare questa produzione.


La prima cosa che salta all'occhio , nel buio della sala cinematografica,  è che quello che abbiamo di fronte è un prodotto qualitativamente eccellente.
Lo si capisce subito, dal cast variegato che lo compone, dal montaggio frenetico, dai dialoghi in lingue originali, dalla fotografia sporca e fredda, dalla colonna sonora e dalle riprese, anche aeree, che descrivono le scene.

Non è un caso , se il film presentato allo scorso festival di Berlino, reca un sottotitolo in inglese, tutta la pellicola è infatti dichiaratamente pensata per un mercato di distribuzione non solo italiano ( a differenza del parallelo " Romanzo di una Strage" ) .


Nel raccontare la storia di quei tristi giorni del G8 di Genova, il regista ci presenta un eterogeneo gruppo di persone, dal manifestante hippie e sognatore che suona la chitarra, al blackblock francese , passando per un pensionato S.P.I della CGIL , ad un giornalista di una testata locale di Bologna o ad un uomo in viaggio a Genova  solamente per affari.

La line-up della pellicola comincia subito dopo la morte di Carlo Giuliani, e fa vedere una città a ferro e fuoco, che assomiglia più ad un campo di battaglia,  si porta avanti nella narrazione con numerosi flashback che mano a mano ci presenteranno i vari personaggi e la loro particolare storia nel dettaglio, accompagnandoli tutti quanti in maniere completamente diverse, ad un orribile ed inaspettata spirale di violenza di umiliazioni e di torture.





Nel panorama dell'accoglienza positiva, sia da parte della critica che da parte del pubblico, che il film ha ricevuto, spiccano come al solito nella nostra penisola di critici radical chic incompetenti, argomentazioni negative che sono scialbamente sostenute con frasi del tipo " la pellicola non vale nulla, non fanno i nomi dei VERI colpevoli della strage", oppure " si ma non si è mostrato tutto, si poteva mostrare di più di quegli orrori" e via dicendo.

Ebbene, questo ragionamento crolla nel momento in cui, come ho specificato all'inizio , ci ricordiamo di cosa stiamo parlando. E cioè di un film, con un determinato tipo di linguaggio, con determinate esigenze narrative, e con obiettivi diversi, tra cui anche quello di fare incassi.

A questi sostenitori, mi sento di specificare che quello che abbiamo davanti non è un documentario, un reperto giudiziario od un trattato socio/politico, ma semplicemente un film.

E come tale, usa un linguaggio diverso, fatto di immagini, di suoni di rumori e di riprese.

Il film non si risparmia proprio nulla in termini di violenza , e di umiliazione. Sono presentare entrambe in maniera nuda e cruda, tanto da potermi far affermare che per la prima volta nella mia vita, in più di un punto del film mi sono coperto gli occhi  con le mani perché non volevo più vedere cosa stava accadendo sullo schermo, ero terrorizzato e disgustato.

Come dicevo, non viene risparmiato nulla, non c'è un percorso che ti porta alla "sofferenza", è tutto costruito per farti sentire male, dall'inizio alla fine, non liberandoti mai fino alla commovente scena finale, quella si salvifica e liberatoria.

Ma subito dopo , arriva l'amarezza della realtà , rappresentata dalle scritte che ci spiegano come sono andati a finire e si sono sviluppati a livello giudiziario quei fatti , e allora si che si perde la fiducia .





Il film centra perfettamente il suo obiettivo, riesce a raggiungere grazie alla maestria con cui è stato confezionato, una larga fetta di pubblico, creando dal momento dell'accensione delle luci, sgomento e  voglia di dibattito, e riuscendo ad intercettare ed interessare una serie di utenti che altrimenti mai si sarebbero appassionati ad una vicenda di questo tipo.
E tutto questo è possibile, non perché ricostruisce minuziosamente fatti, nomi e persone, ma proprio perché attraverso la sofferenza di un dramma umano collettivo, si esce dal cinema con la voglia di documentarsi al riguardo, di saperne di più, e non sono molti i film "politici" che riescono a scaturire questo effetto,anzi, sono sempre di meno e sempre più autoreferenziali.

E questa a parere mio, è la più grande vittoria del film e del regista Daniele Vicari.



Ps:
Un ultima nota "tecnica" giunge infine, leggendo su Wikipedia, ho appreso con mio sommo dispiacere, che tutte le ricostruzioni della città in subbuglio, che hanno coinvolti migliaia di tecnici e specializzati di effetti speciali e scenografie che tra un po manco Harry Potter, non sono state create in Italia, a Cinecittà come ci si aspetterebbe, ma a causa fondi e costi dell'industria italiana, tutta la produzione si è spostata in Romania , terra che aveva già avuto il "blockbuster Italianleghista" Barbarossa, e relegando così all'Italia ed a Genova solamente le riprese degli esterni ( come la bellssima ripresa aerea con le volanti blu che riempono le strade illuminate di notte ).
Ne consegue quindi la triste e sempre più radicata consapevolezza che per produzioni internazionali, come in questo caso, l'Italia a differenza del passato non è più in grado di offrire nulla.


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